26.6.09

lettera di Nicola B.

Ho la necessità impellente di avere un'idea del mondo di domani.
Il bisogno di comprendere se lascerò a chi verrà dopo
di me (terribile ma necessaria questa coscienza di
essere a scadenza, di avere un limite di esistenza)
un mondo che è conseguenza dell'attuale, con un effetto
serra provocato principalmente dal riscaldamento del sole,
ma ben aiutato dal nostro modo di vivere, con miliardi
di poveri e diseredati,con una piccola parte di fortunati
che vivono nel mondo ricco, ma sfruttati e consumati
dal loro stesso consumare o se lascerò un mondo
diverso.

Vi è in me come un moto irrefrenabile, un'inquietudine,
che mi obbliga a pormi continuamente questa domanda.

Sarà quello che lascio un pianeta in mano alle regole
dell'economia? Profitto, lavoro sottopagato, espansione
dei consumi, riduzione delle risorse, mercificazione
delle stesse, partendo dall'acqua e arrivando,quando
ormai sarà inquinata e limitata, anche alla mercificazione
dell'aria?

Sarà un mondo dove, come già oggi, i governi nazionali,
magari anche eletti nelle regole della correttezza e
della democrazia, non contano nulla rispetto alle
decisioni del “mercanti”?
Dove il mercato appunto decide le sorti di tutto e
tutti, dove il denaro è più importante di ogni cosa,
dell'etica e della morale?

Le notizie che mi giungono ogni giorno mi fanno
pensare che non si possa continuare così.
Non riesco ad accettare di continuare a sentire
di “incidenti”, di disastri “naturali”, di guerre
“etniche” o di “religione” o peggio di “civiltà”
che è un ossimoro: come fare ad unire il termine
guerra con civiltà?)
Ma non si possono accettare anche perché sono
tutte cose basate su “inesattezze” per non dire
su falsità.

Non è possibile accettare che qualcuno parli di “incidente”.

Un incidente per essere tale deve essere una cosa
imprevedibile, una cosa che non ti aspetti.

Non si possono mettere in circolazione auto che
vanno a duecento all'ora, che pesano nemmeno
ottocento chili, e pensare che se si schianta
sia un “incidente”.
E' altamente probabile che capiti.

E se capita cosa provoca?

Un innalzamento del PIL


Non puoi mettere a lavorare una persona per
otto o dieci ore (dato che gli straordinari
sono detassati) in un ambiente pericoloso
come lo sono gli ambienti di lavoro, tutti)
evitare di dargli tutte le istruzioni necessarie,
perché la formazione costa, c'è la crisi,
e non si possono aumentare i costi, evitare di
migliorare gli strumenti di lavoro, perché
costano, c'è la crisi (la crisi quella c'è sempre)
non si possono aumentare i costi...e poi dirmi che
se muore qualcuno è un incidente!!!

Certo è che (non scherzo, le statistiche aiutano
a vederlo) con migliaia di incidenti sul lavoro
aumento le percentuali dei nuovi occupati.
Si perché le aziende che hanno incidenti mortali
difficilmente interrompono la produzione, e quindi
sostituiscono l'operaio rotto con uno nuovo)

Non puoi venirmi a raccontare che il terremoto è
un disastro naturale.
Primo perché NON è un disastro. E' un terremoto.


E' un disastro se le case sono costruite senza pensare
che poi ci abiteranno delle persone, magari i tuoi figli,
senza pensare dove le costruisci e come dovrebbero essere
per essere sicure, stabili,affidabili.

E' un disastro se poi queste case crollano.
Ma ciò non ha nulla di “naturale”.
E' una conseguenza delfare in funzione
dell'accumulare più denaro

Non si può parlare di guerre etniche quando dietro ad
esse vi sono interessi di grandi “Mercanti” che per
accumulare, per definire nuovi mercati, per impedire
che qualcuno dia fastidio, mettono in attocampagne
d'odio per mettere gli uni contro gli altri.
L'etnia non c'entra nulla: è solo questione di “economia”

Qualcuno risponde che funziona cosi, che sono le leggi
del mercato....ma queste leggi qualcuno le ha votate?
Le ha discusse un qualche parlamento?

L'economia, scientificamente, NON è una scienza.
E' frutto di comportamenti non programmabili che
danno esiti difficilmente prevedibili.
Quindi non vi sono LEGGI economiche.
Non vi sono leggi fisiche incontrovertibili che
ne guidano i comportamenti.
L'unica legge che segue è l'accumulazione.
Ma è una legge anch'essa ambigua dettata solo
dalla cupidigia di alcuni.
Sono sessant'anni che tutti gli economisti del
mondo hanno ammesso che l'economia non segue
leggi scientifiche”
Infatti non siamo più nell'economia del valore
delle merci, ma siamo in un economia dove le
stesse hanno un “prezzo” che nulla c'entra col
loro “valore”.

Quindi tornando al concetto di LEGGI ECONOMICHE,
esse non hanno alcuna legittimità. Sono regole
imposte, meccanismi creati esclusivamente per
accrescere la capacità di accumulo di qualcuno.

Anche perché se ci si pensa a quanto costa un
oggetto dei dubbi nascono.
Ci offrono dei prodotti a basso prezzo.
Magari made in china.
Costano veramente poco. Ma un dubbio ci assale.

Qualcuno avrà procurato la materia prima.
Qualcuno avrà fatto lo stampo, qualcuno avrà lavorato,
qualcuno avrà smaltito le scorie e i rifiuti.

Dove sono i valori di tutte queste cose.
Sono finite in materie prime strappate dalla terra
da novelli schiavi?
In territori deturpati senza nessun rispetto ne
per le popolazioni ne per l'ambiente
Dove sono finiti gli scarti? Ad inquinare falde
acquifere, terreni?

Ho la necessità di chiedermi se ciò che mi si
propone, se il tipo di vita che mi si prospetta
abbia un significato o che mi renda solo vittima
e complice di un sistema che in fin dei conti non
voglio.



Certo all'inizio tutto sembrava facile e bello:
il progresso, lo sviluppo Una casa, e poi una
casa calda d'inverno e fresca d'estate. E poi
ancora tutti i gadget che una casa DEVE avere:
la lavatrice, la lavastoviglie,ma ancor di più
la TELEVISIONE.

(Si perché se entrate in una casa non vi stupite
se uno non ha la lavatrice ma sicuramente rimanete
perplessi se non possiede la televisione.)

Ed è proprio da quello strumento che ci arrivano
i messaggi. Quelli che ci enunciano i principi
economici : le leggi.

Devi consumare, poi devi consumare.
Poi dato che non consumi abbastanza,devi produrre
per ricevere un salario.E quindi puoi consumare di più.

A questo punto il tuo desiderio è consumare.
Ma per poterlo fare devi guadagnare di più.

E per farlo ti trovi ad accettare compromessi,
tra la tua etica e il tuo fare.

Accetti di non guardare se la sicura del tuo
macchinario è smontata,così produci di più.
E non dici niente.
Il tuo “datore di lavoro” guadagnerà di più e
così sarà contento di te e magari ti darà più
soldi e così guadagnerai di più anche tu.
Anche se ormai sei stanco e hai fatto le tue
ore, ne fai ancora,così il tuo d”datore di
lavoro” guadagnerà di più, e sarà contento e
magari ti farà guadagnare di più.

E tu potrai comprare quel telefonino che hanno
fatto vedere in tv, che èil massimo, che è
necessario per avere successo nella vita.

Così quando andrai al bar a bere con gli amici,
e magari ad ubriacarti (adesso è più chic dire
a “sballare”) perché il lavoro che fai non ti
piace, perché dopo il lavoro non hai più voglia
di fare nulla, allora avrai l'occasione di far
vedere che sei uno di successo, estraendo il
tuo telefonino ultimo grido.

Ma appena arriverai a casa, accenderai la tv
e scoprirai che per essere un uomo di successo
devi avere un altro modello....e domani farai
qualche ora in più, e non dirai nulla se il tuo
collega si fa male perché così magari il tuo datore
di lavoro sarà contento....

Ma ti hanno licenziato. La tua fabbrica è chiusa.
Il tuo telefonino ultimo grido , che ormai è vecchio,
squilla:è la tua banca che ti dice che il prestito
che hai fatto per la macchina nuova, che nuova non è
più, ma che devi ancora pagare, ha due rate scoperte.

Sono le regole del mercato.

Io ho la necessità di disegnare un mondo diverso da
questo. Perché mi va stretto,perché io credo che la
gente sia migliore di quello che sembra.

Mi rendo conto che lottare da soli non serve a nulla.
Sono un pragmatico.
So che le cose per funzionare, per essere capite
devono essere condivise.

Allora devo porre domande e devo costruire risposte.

Devo iniziare a pensare se questa economia è “compatibile”
con il mondo attuale, con la Vita stessa.


Devo iniziare a chiedermi se tale discussione ha
senso se fatta all'interno di un solo paese, se
voglio ragionare su una economia fatta ad uso e
consumo di “mercanti” che frontiere non ne hanno.
Non credo sia casuale se vengono definite molte
aziende “multinazionali”.

Devo anche iniziare a chiedermi se parlare di
economia nuova, debba essere anche pensare alla
ricchezza principe: l'energia.

E se devo pensare ad essa dovrò forse pensare
che una energia prodotta da pochi è pericolosa
per la mia libertà.
Perché senza energia tutta la mia tecnologia,
la mia capacità, tutto viene meno.

E' forse dunque meglio, per esemplificare,
pensare ad una produzione diffusa sul territorio?
Magari pensare all'energia prodotta col fotovoltaico?
Pannelli solari su ogni casa? Vi sono obiezioni su questo?
La necessità di grandi centri di distribuzione l'abbiamo
già risolta,perché già esistono, vi è la difficoltà
di immagazzinamento dell'energia?
( Le batterie sono ancora allo stadio iniziale, la
ricerca in questo campo risulta lenta, solo la
necessità di telefonini più duraturi ha prodotto le
pile al litio...e solo la crisi petrolifera ha fatto
apparire accumulatori per le auto più efficienti, )
Hod qualche dubbio sulla difficoltà incontrata in
questa ricerca...

Dovrò dunque, sempre per esemplificare, pensare ad
una mobilità alternativa e ragionare se non sia più
conveniente, più sicuro e più efficiente il trasporto
collettivo di quello singolo.
Quindi meno o nulla auto ma mezzi collettivi di
trasporto, dai treni agli autobus, alle navi per le merci
e per le persone, magari più sicuri e confortevoli,
a basso costo o addirittura, a costo zero.

Perché dovrò pensare anche a come ridistribuire
ricchezza, quella accumulata dall'intero paese,
dalla tassazione, come fornire servizi,
come produrre posti di lavoro nuovi e diversi.

(Ma faccio una parentesi ancora: non più di
servizi bisognerà parlare ma di momenti di utilità
collettiva. Non semplici parcheggi per bambini ,per
fare un ennesimo esempio ,ma luoghi utili alla
crescita ed alla educazione. La qualificazione dei
“servizi” è fondamentale, non basta mettere l'insegna,
bisogna riempire di contenuti e buone pratiche)

Aggiungo e preciso come nel mio ragionare la
“privatizzazione dei servizi” come le scuole o gli
ospedali o come l'acqua, sia un concetto lontanissimo da me.
Ma non credo allo Stato/Governo come risolutore del
particolare, del locale.

Non ha significato che a gestire un ospedale vi sia
lo Stato o una sua emanazione.

Penso sarebbe utile ragionare di autogestione
locale dei servizi.

Ha significato che un ospedale sia gestito da
professionisti della medicina per ciò che attua
la medicina, da professionisti dell'assistenza
e dell'accoglienza per quanto attua esse, ma che
sia “auto” gestito localmente per ciò che necessita alla
comunità, per ciò che riguarda l'amministrare, il
fornire quali servizi.

Ha significato che lo stato verifichi i parametri
di garanzia dell'offerta.
Che garantisca controllo e assistenza.
Che aiuti la comunità ad autogovernarsi nella gestione.


Pensare in questo modo aiuterebbe a capire meglio
che una economia diversa vi può essere.

Credo infatti in uno Stato/Governo presente nel
suo “legiferare a garanzia”.
Uno Stato/Governo presente nel garantire
uguaglianze di fatto nella legge.
(Non credo affatto al finto federalismo della Lega
Nord che creerà spaccature sociali, sprechi e
nessun beneficio.)

Lo Stato in quanto Governatore delle politiche
globali del Paese o dei Paesi, (perché no: L'Europa
Unita è una realtà, anche se alquanto difettosa
e soggetta a numerosi miglioramenti).

L'iniziativa privata, bandiera del liberismo e
bestia nera del collettivismo, non è assolutamente
una cosa sbagliata. E' necessaria.
E'fonte di autodeterminazione della persona.
Deve però esservi un punto di coincidenza tra
interesse globale e interesse personale.
E deve essere perseguita realmente quando questa
coincidenza viene meno o addirittura provoca
nocumento alla collettività.

Se pensiamo ad una società nuova dobbiamo
sforzarci di immaginarla.
Dobbiamo fare i conti con il reale e il
possibile e quindi con il realizzabile.
Ma dobbiamo anche pensare a cosa fare per
rendere realizzabili (cioè reali e fattibili)
i passi successivi.

Dobbiamo avere il coraggio di sganciarci dalle
pastoie di una cultura che ci ha tolto la capacità
di criticare costruttivamente. Che ci ripete
“si è sempre fatto così e quindi non si può cambiare”.

Il mio dire, descrivere esempi, vuole essere sprone
al pensare, insieme,collettivamente, ragionamenti
e strade percorribili.

Il mio essere contrario alle “logiche dei mercanti”
non lo è per partito preso, ma perché vedo uno spettro
aggirarsi attorno a me. Ed èassurdamente simile allo
spettro del comunismo con cui Marx iniziava il suo
più conosciuto scritto.

La privatizzazione del tutto, la concentrazione
della proprietà sempre in meno mani, la definizione
delle politiche internazionali legate alle politiche
economiche dei “mercanti” appunto, porta per sua natura di
fatto ad una dittatura globale.
Una totalizzante società che in nome dell'accumulo
farà di questo pianeta un luogo ove essere ora
schiavi ora consumatori ma mai liberi.

Non è forse ambiguo e preoccupante che le nuove
tipologie di associazione a salvaguardia dei diritti
se ieri si costituivano in “sindacati dei lavoratori”
a rappresentare le istanze dei “produttori di merci”
oggi si costituiscano in “sindacati dei consumatori”?

Non è forse dunque arrivato il momento di ripensare il
futuro, superando ideologie che ci hanno si permesso
di migliorare i nostri diritti, ma senza uscire dal
nostro ruolo di produttori/consumatori ?

Non è forse il caso di aprire un vero dibattito su
cosa debba essere la sinistra ormai orfana
(realisticamente, obiettivamente) di tutte le speranze
di una società futura che il comunismo disegnava?
Perché se il comunismo è morto anche l'intero pianeta
sta poco bene.
Non è forse il caso di mettere in discussione anche
quei principi che hanno identificato gran parte della
sinistra come “sinistra liberalista”? Non è forse
il caso che il dibattito venga esteso all'Europa?